Nel 1982 lavoravo presso una Azienda locale di cantieri per l'estrazione e la lavorazione di ghiaie ed affini.
La consegna dei materiali inerti avveniva con autocarri di proprità della medesima Impresa,dotati di cassone ribaltabile posteriore.
Questi cassoni erano supportati dallo stesso telaio del mezzo che poteva trainare un rimorchio oppure l'automezzo aveva una ralla fissa alla quale veniva agganciato un semirimorchio: in tal caso il veicolo trainante viene tuttora definito trattore.
Il trattore, a seconda del tipo di trazione, veniva definito a sua volta stradale oppure a doppia trazione. Il primo ha la trazione su di un solo asse posteriore, pur potendo avere più assi sterzanti o di allegerimento(allestimenti Girelli e Bertoia), il secondo, oggi più conosciuto come "mezzo d'opera", è dotato di più assi, di cui due posteriori di traino. La trasmissione del traino è molto più pesante e robusta del primo e meglio si addatta alle esigenze di cantiere, essendo distribuita su 4 assi motrici. Il secondo asse di traino può essere bloccato sul proprio differenziale, così da poter trasmettere tutta la potenza su ogni tipo di terreno, anche in condizioni di scarsa aderenza.
L'Impresa aveva in dotazione un parco macchine di 52 autocarri ribaltabili. Erano appunto dei Fiat 690T, 693, 693T. Trasportavano un peso netto intorno alle 45/50 ton. di materiale inerte, consumavano relativamente poco avendo motorizzazioni a 6 cilindri con potenza di circa 180 cv: lanciati carichi o vuoti arrivavano alla velocità di 60/70 km/ora.
I Fiat 690 avevano un cambio meccanico manuale: l'operatore a mezzo di una leva innestava le 4 marce; avvalendosi di una seconda leva trasmetteva al cambio un innesto ridotto. In pratica, per partire e riprendere l'operatore era costretto a selezionare più marce per poter sfruttare la modesta potenza erogata dal motore; inoltre il cambio non era sincronizzato e quindi per poter passare da una marcia o mezza marcia alla succesiva, il pedale della frizione veniva premuto una prima volta per passare con la leva del cambio in folle, rilasciato con cambio in folle, premuto una seconda volta con cambio o leva del riduttore posizionata in marcia successiva e rilasciato. Questo avveniva sempre, per cui l'operatore con veicolo carico per passare dalla prima marcia ridotta alla ottava veloce premeva e rilasciava la frizione per ben 14 volte.
I Fiat 693, oltre ad essere automezzi già concepiti per uso cava e cantiere con la loro doppia trazione ed un sistema di balestre posteriori tipo cantilever, avevano un cambio sincronizzato e servoassistitito ad aria: la leva del riduttore era stata sostituita da un interruttore sotto il pomello del cambio.
Anche in questo caso l'operatore, pur dovendo cambiare avvalendosi delle marce ridotte, non era più costretto a passare per la folle e poteva scegliere la selezione ridotta o normale azionando una piccola leva ad interruttre in qualsiasi momento: solo premendo la frizione infatti avveniva la selezione.
Sul 690 la guida era a destra per favorire all'operatore le manovre in cantiere, il volante aveva un diametro maggiore di quelli moderni per diminuire lo sforzo sulle braccia, sul 693 la guida era già a sinistra, ma il volante era grande lo stesso.
Ricordo inoltre che esisteva il freno motore: una valvola a farfalla posizionata sullo scarico appena fuori del motore chiudeva lo stesso scarico, soffocando il motore e provocando una certa morbida resistenza all'avanzameno.
Nei 690 l'azionamento era naturalmente manuale con una leva posta sul cruscotto, mentre nei moderni 693 il dispositivo veniva comandato dal piede a mezzo di un bottone posto sul pavimento in corrispondenza del tacco sinistro.
Erano frequenti le rotture dei semiassi, degli alberi di trasmissione e delle balestre; l'usura delle ganasce dei freni a tamburo era veloce dati i carichi trasportati e la frequenza delle frenate. Per resistere al calore, la pasta costituente le ganasce era a base di amianto e rame. Ogni automezzo partiva dalla cava alle 5 del mattino e faceva ritorno dopo aver consegnato i viaggi assegnati, intorno alle19/19,30 della sera, percorrendo 400 km circa al giorno. Il sabato era destinato a turno per le manutenzioni, alle quali ogni operatore provvedeva personalmente.
Le ultime macchine descritte sono state alienate dall'impresa nel 1985, dopo aver percorso cadauna ben 1.200.000 km, sostituite dai Fiat 180,300,330 e Astra BM25.
Altri ricordi riguardano il personale che operava con questi mezzi, sempre disponibile, alle volte stanco, ma orgoglioso della propria professione, il personale dell'officina efficiente e generoso, il Titolare dell'Impresa a cui prima o dopo dedicherò per dovere ed affezione, più ampio spazio.
Il primo grande contributo.Saluti e buona notte.
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