Rimango entusiasta ogni volta che mi tornano in mente episodi caratteristici ed alle volte difficili da raccontare perchè strani o meglio ancora incredibili, frutto di momenti ed esperienze di lavoro, vissute in questi anni trascorsi a muovere montagne di terre, ghiaie ed affini.
Quando parlo di movimento terra intendo tutte le operazioni che servono per l'escavo, il trasporto, la spinta di piccoli o grandi volumi di terra avvalendosi di macchine operatrici e più importante, di operatori delle stesse: personaggi con i quali tra passione, devozione ed orgoglio ho condiviso e sto condividendo esperienze attraverso uno dei mestieri più antichi delle storia.
Penso infatti che già l'uomo delle caverne fosse stato costretto a rimuovere con la sola propria forza, forse con l'ausilio di leve o marchingegni, qualche masso davanti alla propria abitazione oppure aprire qualche varco affinchè l'acqua piovana non invadesse il suo giaciglio!
E' proprio incontrando una delle persone che per me ha segnato i ricordi di un importante periodo di carriera professionale, che ho avuto lo spunto per scrivere e raccontare questa storiella.
La settimana scorsa infatti, nel procedere con i lavori per l'allargamento di un breve tratto di strada che collega la viabilità comunale ad un un sito di estrazione di ghiaie nella ridondante Provincia di Treviso, ho deciso di abbattere una trentina di alberi ed arbusti che nel tempo avevano invaso il tracciato.
Si trattava di acace, noccioli, salici e sambuco di modeste proporzioni, dai venti ai trenta centimetri di diametro con altezze intorno ai quattro, cinque metri, cresciuti col tempo nell'area interessata.
La mattina scendendo dalla vettura durante il solito sopralluogo in cantiere, ho incontrato appunto Gino, un anziano dipendente dell'Impresa, già da tempo in pensione e che ho avuto il piacere di avere anni fa nella stessa cava, con mansione di palista addetto al carico dei materiali inerti.
Gino è un uomo grande, longilineo, con dei bei lineamenti, un viso buono con occhi celesti, una persona generosa, con un carattere impulsivo ed una grande volontà.
Ha lavorato una vita e vive con la adorata moglie poco distante dal cantiere dove per anni ha svolto il proprio lavoro.
Manovrava una pala Caterpillar 988 A: una macchina gommata con pala anteriore da cinque metri cubi, con motore Caterpillar sei cilindri, capace di erogare 385 cavalli!
Per quegli anni, era il 1980, fu una delle più grandi pale in esercizio nel Veneto.
Ricordo che quando arrivò in cantiere, il mio Titolore mi disse: " .... moro, tutte le altre persone che fanno il tuo mestiere, per vedere una pala così devono andare a lavorare nei grandi cantieri dell'Africa, tu da oggi ce l'hai sotto casa, questo deve gratificarti più della paga...."
La macchina fu affidata per giusti meriti a Gino.
Gino iniziava il lavoro alle quattro e mezza di ogni mattina e terminava dopo la pausa del pranzo, alle sette della sera, dal lunedì al venerdì. Il sabato terminava un'ora prima la sera.
Infine ogni domenica mattina si recava in cantiere per eseguire le normali operazioni di controllo e manutenzione del mezzo.
Con la sua costanza e buona volontà, è riuscito a costruire e dare ai sui due figli, Ulisse ed Ernesto, una propria casa vicino alla sua, di grande bellezza e dimensioni.
Passando davanti scorgo tante volte i nipotini che corrono sul prato antistante o giocano col cane!
Ricordo che un giorno di settembre, ormai di trent'anni fa, dopo un torrido agosto passato in cava a produrre le riserve di inerti per l'inizio delle consegne dopo la pausa estiva, ero direttore delle cave ed il capocantiere di allora mi segalò di avere dei problemi in cava in quanto una delle pale stava affondando in un deposito di limo, ancora allo stato semiliquido. Subito accorso notai che la pala, una vecchia Cat 988 era ormai con le ruote sommerse nel fango del bacino di raccolta e decantazione delle acque provenienti dal lavaggio delle ghiaie.
L'operatore, certo Pasquale, ricordo che desolato mi prese da parte e mi spiegò che il Capo gli aveva ordinato di spingersi nel bacino per formare un nuova canale di flusso. Notai che Pasqule era molto contrariato dall'ordine impartitogli e dalla sua bocca udii quel giorno solo delle grandi imprecazioni!
Decisi quindi di attaccare una lunga fune metallica ad un grosso camion da cava, Dumper Perlini 366 alla guida del quale era il fratello di Gino: Bepi.
Il dumper zavorrato per il traino, scivolò anch'esso nel bacino e si piantò in modo peggiore della pala: ci trovavamo troppo distanti da un punto della pista dove agganciare una macchina gommata e le portanze del terreno erano basse; inoltre ricordo che gli effetti del peso dei pneumatici sul fondo di fango iniziavano ad essere allarmanti perchè dalle ormaie affluiva acqua in superficie.
Mi convinsi quindi a riporre le speranze di salvare le due macchine, trainandole con una ruspa Caterpillar D7. Agganciai al dumper di Bepi la cingolata. A sua volta il dumper era agganciato alla pala di Pasquale: la distanza tra le rispettive macchine era di circa una ventina di metri. Dopo vari inneficaci tentativi, all'imbrunire tutto rimaneva ancora immobile: peggio anche la D7 si piantò e sprofondò con i cingoli nell'insoportabile limo!
Più passava il tempo, più si insisteva nel tiro e più tutte le macchine sprofondavano come nelle sabbie mobili: non avevo il coraggio di avvertire il mio Titolare perchè già immaginavo il risultato.
Dovevo togliere il tutto prima possibile da quella brutta situazione.
Il capocantiere responsabile di simile pazzia era intanto sul fianco della pista, in silenzio:l'unica cosa che sovente ripeteva era che, ormai, da lì non avremmo più tolto niente e che era meglio trovarci tutti un altro impiego per il giorno seguente!
Da parte mia ormai non avevo tanto altro da escogitare, ma non avevo ancora chiesto lumi a Gino perchè egli era impegnato al carico degli automezzi in piazzale e non volevo distrarlo da quel lavoro in quanto c'erano ancora molti camion di terzi da caricare.
Gino dal canto suo, ogni tanto si soffermava e mi urlava: " ... preparami una fune più lunga che poi proviamo con la mia Cat 988!...."
In quegli anni si usava preparare le funi di fortuna, usando quelle dismesse dagli escavatori dragaline, non esistevano morsetti, erano di diametro da 24 o 26 millimetri. I trefoli andavano aperti dall'anima tessile centrale per poi essere intrecciati tra loro: avevo acquisito una certa esperienza nel prepararle, così ne attrezzai una lunga a ricordo una trentina di metri, così da permettere alla Cat 988 di Gino una trazione perfetta su un buon terreno.
Fu così che ormai nell'oscurità più completa, al mio ordine la pala di Gino riuscì dopo molti indugi a trainare la ruspa D7 alla quale era agganciato il dumper di Bepi e finalmente la pala di Pasquale: ogni macchina tainava l'altra con i potenti motori sotto sforzo, per un unico tiro di oltre 1800 cavalli!
Fu una sera di grande soddisfazione perchè oltre ai motori, di macchine e persone, con un unico tiro avevamo risolto un grande problema ed eravamo tutti molto contenti.
Il caponcantiere se ne ritornò a casa conservando il proprio posto di lavoro e noi, ricordo, si finì a casa di Gino per una bicchierata.
Dell'accaduto avvertii il titolare solo la mattina seguente!
In questo momento i due rispettivi figli di Gino, il figlio di Pasquale e la figlia di Bepi, coprono mansioni all'interno della stessa Impresa che ancora ho la soddisfazione di dirigere.
Gino invece si accontenta di comandare la squadra di pensionati, composta dai fedeli Bepi e Pasquale, impegnata nelle raccolta di legna da ardere nei luoghi in cui il sottoscritto decide ogni tanto, appositamente, di abbattere qualche albero così da avere ancora modo di ricompensarli ed avere la soddisfazione di vederli attivi!
Buona notte a tutti!
martedì 19 gennaio 2010
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